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venerdì 21 dicembre 2007

curiostà filosofiche







Reincarnazione e karma

Se la rinascita è un obbligo, una condizione dolorosa che induce in situazioni anche peggiori rispetto alle attuali, la reincarnazione è considerata una scelta, un potere riservato ad alcuni individui meritevoli capaci di controllare la futura nascita e il karma.
Karma significa non solo l’azione pregna di conseguenze ma anche le sue ripercussioni. Secondo il karma non solo ad ogni causa segue un effetto, ma colui che scatena la causa ne subisce l’effetto. La valenza retributiva del karma obbliga perciò ad una esistenza e una felicità condizionata : (non illudetevi fratelli, tutto ciò che un uomo semina, quello egli raccoglierà” (S:Paolo) .
La dottrina della rinascita, alimenta tuttavia la falsa credenza che dopo la morte, abbia luogo un continuo passaggio individuale, in un altro corpo, come se si scartasse un vestito per indossarne un altro, e l’erronea teoria, secondo cui il principio cosciente, può incarnarsi in forme subumane (metempsicosi). La Bhagavad-gita 14,15 cita : “chi muore sotto l’influenza dell’ignoranza, rinasce nel mondo animale”.
Nessun intuito supernormale di un illuminato però ha mai avvalorato queste teorie, che sono da interpretare simbolicamente (Evans-Wentz), poiché si potrebbero in vero assumere caratteristiche fisiche e caratteriali simili all’animale a cui si corrisponde per il comportamento, ma non è possibile che un uomo rinasca come animale, sebbene è verosimile che nel corso dell’evoluzione, sia stato un animale. Nell’evoluzione non si può tornare indietro (Osho).
E’ pur vero che Buddha dice che passiamo per innumerevoli esistenze, ma dice anche che queste vite non possiedono una intrinseca realtà.
Il buddismo considera alla stregua del corpo, tutti i fattori costitutivi che costruiscono la personalità empirica, un temporaneo aggregato di pensieri, sentimenti e azioni, destinati anch’essi alla disgregazione, e nega l’esistenza di un “IO” fisso (anhatta).L’io è una creazione del karma, un’illusione ( Marcos Pallis). C’è una Realtà, ma nessun individuo permanente, nessuna personalità costante.
Tutti i fenomeni di coscienza del Sé, appartengono al falso sé, che mentre è condizionato dall’illusione della personalità, avverte dolore e piacere, pur sempre illusioni di una dimensione onirica, seppure reali per l’Ego che considera veri anche i sogni. Una esperienza psicologica concreta per l’Ego che ha costruito attorno al vero sé, attraverso la cultura, l’educazione, la religione, una corazza, una impalcatura, difficile da abbattere, che ostruisce la consapevolezza di essere una sola cosa con tutto l’universo. Solo l’abbandono del senso dell’io, conduce alla liberazione delle tensioni, che causano nascita e morte consecutivamente.
L’esistenza è paradossale. Il falso sé, vive davvero l’esperienza delle innumerevoli nascite e morti, a dispetto del vero essere che non nasce e non muore mai.
Gli individui sono vittime del proprio karma, del passato e della predestinazione, a causa dell’ignoranza (avidya), che li rende ciechi, sempre in grado tuttavia di dileguare e fugare, istantaneamente le tenebre, anche con una piccolissima e tenue fiammella di pura conoscenza.
D’altra parte la via che conduce alla libertà, passa attraverso l’osservanza di leggi inderogabili e costrittive, fatta eccezione per coloro che sono esentati dalla legge, i “privilegiati” (privi-lege).
Non solo ma una contravvenzione alla legge, produce guasti anche e soprattutto alle persone che ci sono care. Una nostra azione ha immediata influenza sul nostro corpo, sul nostro ambiente, sui nostri cari, sulla terra e sul cosmo . (G.G.Visvadar)
Predestinazione e libertà sono due poli che si condizionano reciprocamente.
Il destino (karma) si incarica con giustizia assoluta di far si che ognuno impari proprio ciò che non vuole accettare e a cui oppone la massima resistenza (Detlhefsenn ).
L’uomo inizia la sua esistenza terrena con dei carichi e delle premesse, un programma di vita che deve condurre a termine con un processo di apprendimento consapevole, ma purtroppo, molto più spesso inconsapevole e legato al dolore. Disgrazie, malattie e avversità, sono l’aspetto passivo di un processo di apprendimento non volontario, ma significativo e stimolante (il pathi patos dei Greci - apprendimento attraverso la sofferenza).
Il karma consente la progressione, col riconoscimento dei propri errori, il confronto costante delle varie situazioni e l’integrazione del passato nella propria coscienza e il dolore è la spina pungente che ci fa comprendere e rispettare la legge del dharma (sentiero della retta azione - legge).
Tutto ciò che abbiamo preso per sostanza, non è altro che ombra ! Il falso sé si dissolve, ma i suoi impulsi sopravvivono e si ricombinano in una nuova espressione di vita.
Il rapporto è paragonabile a ciò che si verifica nel caso dell’accensione di un fuoco, con un altro. Il nuovo fuoco non è quello di prima, e nemmeno assolutamente diverso (C. G. Trungpa).
Da un punto di vista assoluto la reincarnazione è in sostanza parte della creazione della mente relativa. Essa non esiste, se non come manifestazione della mente condizionata (Lama Jigmela).
Nel fenomeno della morte si estingue solo il corpo, non l’anima, ma nel fenomeno della morte totale (moksa), si estingue anche l’anima. A quel punto non si rinasce più, si diviene tutt’uno con il cosmico. La goccia si dissolve nel mare (Osho).
In definitiva nel sogno illusorio e nel desiderio di perpetuare la propria individualità, il principio cosciente, unica realtà, continua incessantemente la sua peregrinazione in innumerevoli esistenze, immagazzinando, di volta in volta, in un seme atomico (tig-lè), ricordi, esperienze, sentimenti, pensieri, emozioni, idee, che si concretizzeranno e si espanderanno in altre forme di vita, un influsso psichico (tulkù), “un’energia vagante”, come l’aria che trasporta gli odori o i lezzi, fino a che finalmente realizzerà che l’essere può vivere nell’universo senza un corpo, senza una forma, diffuso nell’intera esistenza, in assoluta libertà. Pura e semplice consapevolezza, che tuttavia possiede una propria individualità, un centro invisibile che sa di essere
Ciò che trasmigra pertanto è soltanto la consapevolezza.
Echi di teorie reincarnazionistiche si possono reperire anche nella nostra cultura religiosa, nonostante il concilio di Nicea, voluto da Costantino nel 325 d.C. ne avesse proibito il culto e l’avesse considerate eresie.
Alcuni passi del Vangelo sono rimasti immuni da interpolazioni e manipolazioni a riguardo.
In Matteo 11,14 Gesù risponde alla domanda dei discepoli di chi fosse Giovanni Battista e dice: “Egli è quell’Elia che deve venire”…Chi ha orecchi per intendere, intenda.
In realtà, c’è un’esplicita analogia tra il profeta Elia e Giovanni il Battista!
Elia va nel deserto ed è definito nel vecchio testamento “un uomo peloso con una cintura di cuoio ai fianchi “ (Re IV, 1,8).
Nel Vangelo il Battista, predica nel deserto e “ porta una veste di peli di cammello e una cintura di cuoio ai fianchi” (Mt.3,4). Un chiaro, preciso ed esplicito riferimento per riconoscere…lo stesso influsso.
Gli apostoli chiedono a Gesù, se la responsabilità della cecità del nato cieco, fosse sua o dei suoi genitori, evidenziando la conoscenza che cause pregresse possano ripercuotersi sulla presente fisicità (giov. 9,2)
E ancora a Nicodemo (Giov.3,5) con chiarezza spiega: “Chi non rinascerà,…non entrerà nel regno di Dio,…bisogna che siate rigenerati di nuovo”.
Anche la patristica, prossima ai messaggi più puri, cita spesso la rinascita delle anime : Giustino, Gerolamo, Clemente d’Alessandria (stromata), Ignazio (epistole), Origene (contra Celsum):
“E bene tenere il segreto sulla dottrina della entrata delle anime nei corpi, affinchè non venga gettata innanzi a quelli di mediocre comprensione”.
Le disuguaglianze umane sono cagionate dalla qualità delle anime e dal loro uso del libero arbitrio.
Molti pensatori occidentali , sono stati e sono fautori della reincarnazione : Socrate, Pitagora, Platone, nell’antica Grecia. Marco Aurelio, Seneca a Roma. Gli illuministi Voltaire, Goethe. Filosofi come Shopenauer, Emerson, Honorè de Balzac. Gli scrittori Dickens, Tolstoy, James Joyce, Hermann Hesse, Whitmann, Victor Hugo. Psicanalisti del valore di Carl Yung e Erik Erikson. Il biologo Huxley . Il premio Nobel Isac Singer, il poeta John Masfield. Richard Bach, autore del romanzo “Il gabbiano Jonathan Livingston”. E ancora personaggi come Mazzini, Franklin, Henry Ford, e molti altri, per citare soltanto coloro che hanno espresso il loro convincimento attraverso scritti, affermazioni o attestati ed esperienze personali.
Lo Zhoar, testo cabalistico della tradizione giudaica cita: “Le anime devono ritornare alla sostanza assoluta da cui sono emerse. Se non soddisfano questa condizione nel tempo di una vita, devono viverne una seconda e una terza, finchè non saranno idonee a ricongiungersi a Dio”.
Il poeta islamico sufi Jalalu Din Rumi scrive :

“ Morii come minerale e divenni una pianta,
morii come pianta e mi elevai ad animale,
morii come animale e fui un uomo.
Quando mai persi qualcosa morendo ? “




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